Eolo: la storia di un fallimento preannunciato finisce in tribunale
14/02/2010 - Nicola Ventura
Sarà il Tribunale collegiale di Frosinone a dire la verità sul fallimento della «Eolo Italia Auto», la fabbrica frusinate che avrebbe dovuto produrre automobili ecologiche funzionanti con motori ad aria compressa e che è stata dichiarata fallita prima ancora di iniziare qualsiasi attività.
A deciderlo è stato il gup del Tribunale del capoluogo, Annalisa Marzano, che ieri ha rinviato a giudizio (processo fissato al 15 luglio), per bancarotta fraudolenta e per fatti di bancarotta, contestati a vario titolo, C. O. (assistito dall’avvocato Emilio Persichetti), consigliere dal 27 febbraio 2001 al 9 gennaio 2006 della «Eolo»; G. M. (difeso dagli avvocati Pietro Carotti e Salvatore Delle Femine), consigliere dal 27 febbraio 2001 al 27 marzo 2001, amministratore delegato dal 27 marzo 2001 al 20 aprile 2002, presidente del Cda dal 20 aprile 2002 al 29 luglio 2005 e consigliere dal 29 luglio 2005 al 1 dicembre 2005 della «Eolo»; F. R. (assistito dall’avvocato Giosuè Naso) consigliere dal 19 dicembre 2002 al 21 luglio 2003 e consigliere delegato dal 21 luglio 2003 al 15 febbraio 2005 e G. B. (difeso dall’avvocato Emilio Persichetti), consigliere delegato dal 15 febbario 2005 al 29 luglio 2005, presidente del Cda dal 29 luglio 2005 al 9 gennaio 2006, nonché liquidatore dal 10 gennaio 2006 alla data di fallimento della «Eolo» dichiarato dal Tribunale di Frosinone il 12 maggio 2006.
Stando alla principale accusa contestata dalla procura, tutti gli imputati, tranne G. B., ciascuno secondo il ruolo ricoperto nell’azienda, «allo scopo di recare pregiudizio ai creditori» avrebbero distratto o comunque dissipato nel 2001 somme pari a 1.522.798,52 euro, ricevute dai soci in conto-finanziamento, versando tali somme a soggetti diversi a fronte di contropartite reali ed effettive non precisate e comunque, stando a quanto sostengono gli inquirenti, insussistenti.
La procura, inoltre, accusa i tre di avere tenuto le scritture contabili in maniera tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio effettivo e reale della società fallita e il movimento degli affari, rappresentando le vicende economiche patrimoniali in forma discontinua ed in maniera approssimativa.
Al solo G. B., poi, gli inquirenti contestano di aver sottratto e distrutto parte delle scritture contabili della fallita «Eolo Italia» in quanto non avrebbe depositato il libro dei beni strumentali per il periodo successivo al 2001, il libro dei soci riportante la situazione della compagine sociale antecedente il 17 settembre 2003 e il libro degli inventari relativo agli esercizi 2001 e 2002.
Gli imputati in blocco da parte loro respingono le accuse professandosi estranei alle condotte contestate e sicuri di poter dimostrare in sede dibattimentale la propria innocenza. In particolare la difesa contesta l’accusa principale, ovvero quella di avere dissipato un milione e mezzo di euro. In realtà quel denaro sarebbe servito ad avviare l’attività industriale con l’acquisto di un brevetto per la realizzazione dell’auto ecologica. Da qui la totale assenza di qualsiasi intento criminoso. La curatela fallimentare si è costituita parte civile tramite l’avvocato Mauro Iaboni.
Fonte: http://iltempo.ilsole24ore.com