Le Interviste di EcoMotori: Ugo Nazzarro
23/09/2008 - Nicola Ventura
Abbiamo intervistato Ugo Nazzarro, direttore della rivista Ecomobile e con lui abbiamo voluto inziare ad approfondire alcuni importanti aspetti della mobilità ecologica.
FUTURO – Metano, Gpl, ibride, ibride plug-in, Fuel-Cell, idrogeno, bioetanolo ed elettriche. La sensazione è che stia per concludersi l’epoca dei carburanti di massa così come siamo abituati a conoscerli, che difficilmente nel futuro ci saranno carburanti in grado di reggere per così tanto tempo godendo di una posizione dominante sul resto dell’offerta e che quindi assisteremo a continui passaggi che in uno spazio temporale relativamente breve porteranno a passare da una tecnologia ad un’altra rincorrendo sempre la miglior efficienza e la miglior sostenibilità possibili.
Sarà davvero questo lo scenario a cui dovremo prepararci o crede che qualcuna di queste “alternative” abbia le credenziali per occupare lo spazio che inevitabilmente presto o tardi benzina e gasolio dovranno lasciare?
Nazzarro: Il problema è solo temporale, di quanto avanti ci vogliamo spingere con la nostra mente. Io credo che nel breve periodo, una decina d’anni circa, il petrolio ed i suoi “derivati” (gpl, metano, ed altre fonti collegate ai carburanti tradizionali) la faranno ancora da padrone. Non possiamo attenderci uno sviluppo incondizionato del gpl e del metano sia perchè entrambi vengono estratti anche dai pozzi di petrolio, sia perchè l’energia impiegata per far arrivare questi carburanti alle stazioni di servizio proviene comunque dal petrolio. Successivamente credo che gli scenari saranno destinati a mutare radicalmente ed a quel punto prenderanno piede i motori elettrici.
Che siano alimentati dall’elettricità ricavata da sistemi di produzione di energia interni al veicolo (come ad esempio le Fuell Cell) o dalle nuove batterie che utilizzeranno l’energia elettrica derivante dal nucleare pulito o dalle nuove fonti rinnovabili, ritengo che nel futuro i protagonisti saranno i motori elettrici, motori tra le altre cose più performanti perchè il loro rendimento è assolutamente superiore al motore endotermico.
Relativamente alla produzione di energia per l’autotrazione molti sostengono che l’800 sia stato l’anno del vapore, il ‘900 quello del petrolio, ed il 2000 quello dell’elettrico e dell’idrogeno (inteso come fonte di energia), ma credo che gli scenari non siano ancora così ben definiti, e che ancora per qualche tempo il petrolio la farà da padrone.
Nello specifico parlando di Idrogeno quale linea di pensiero predilige: Idrogeno come carburante usato in un motore endotermico o come vettore di energia?
Nazzarro: Non credo molto nell’idrogeno usato in un motore endotermico. L’idrogeno è stato ed è un ottimo elemento di comunicazione per l’ecologia, è servito a molti per darsi un’aura di ecologia, ma sono state create in suo nome delle aspettative esagerate. Prendiamo ad esempio la BMW: ritengo che l’alimentazione ad idrogeno così come da loro concepita non sia stato altro che un bell’esperimento, e nulla di più. Solo il tipo di rifornimento assolutamente automatizzato è una cosa che all’atto pratico risulta davvero ingestibile. La strada da percorrere è sicuramente quella delle Fuel Cell anche se molto è ancora da definire circa il bilancio energetico relativo alla produzione dell’Idrogeno.
GPL – E’ considerato il meno ecologico tra gli eco-carburanti perché, in quanto prodotto della lavorazione del petrolio, deve scontare “l’aggravante” della sua origine. A fronte delle sue contenute emissioni inquinanti sul piatto della bilancia vengono contrapposti alcuni aspetti meno “lodevoli” come la necessità di un processo di raffinazione, la necessità di trasportarlo con navi ed infine la distribuzione che avviene su ruota; elementi tutti assenti nel confronto con il metano.
Alla luce di tutto ciò il GPL può aiutare a migliorare la qualità dell’ambiente esistente contribuendo con le sue emissioni inquinanti più contenute e pertanto fregiarsi a pieno diritto del titolo di EcoCarburante?
Nazzarro: A proposito del GPL credo che ci sia una grave mancanza di informazione quando si afferma che il gpl non è ecologico perchè deriva dal petrolio. Innanzitutto non bisogna dimenticare che quando si intraprende il processo di raffinazione petrolifero per ottenere benzina e gasolio inevitabilmente questo porta a produrre dei gas cosiddetti “di Risulta” (che non sono altro che butano e propano) che in ogni caso sarebbero presenti e che fino a pochi anni fa venivano bruciati nelle “candele” delle raffinerie.
Bisogna poi considerare che oggi solo il 56% del gpl è prodotto dalla raffinazione del petrolio, e che il restante 44% deriva dai gas provenienti da estrazione.
Il metano ed il gpl sono quindi due prodotti che derivano dall’estrazione del petrolio: sarebbe giusto parlare di gpl come di prodotto non ecologico se per la sua produzione fossero impiegate delle sostanze chimiche, ma poiché così non è credo che anche il gpl si possa definire a buon titolo come gas naturale. Certamente si potrà obiettare che il gpl dipende dal sistema delle raffinerie, ma credo che questo sarà inevitabile finchè non si troveranno altri sistemi per trasformare gli idrocarburi in energia.
Dobbiamo quindi prendere atto che il gpl come il metano, esiste, e che è decisamente più intelligente sfruttarlo per autotrazione piuttosto che farlo bruciare liberamente nell’aria, azione che peraltro provocherebbe un doppio inquinamento: a quello provocato dalla sua libera combustione nell’aria si affiancherebbe l’inquinamento provocato dall’uso della benzina o del gasolio per l’autotrazione. Tanto vale sfruttarlo!
Il discorso relativo al gpl può poi essere collegato anche al cosiddetto “Bilancio Energetico”, che è la somma di tanti aspetti: se dobbiamo muovere un grosso mezzo di trasporto pubblico credo che sia meglio che si muova a metano piuttosto che a gpl, perchè la massa del veicolo meglio si presta a sopportare delle bombole pesanti senza che ciò comporti un aggravio di energia per il trasporto delle stesse; diverso invece è il discorso da fare per una piccola utilitaria: ll peso delle bombole farebbe perdere alla macchina tutto il vantaggio che avrebbe usando il metano, perchè questa sarebbe costretta ad usare molta più energia per spostare la stessa massa aumentata di peso, cosa che non accadrebbe utilizzando il gpl dato che le sue bombole sono mollto più leggere di quelle del metano. Credo inoltre che lo sfruttamento del gpl possa contribuire a combattere l’inquinamento: il discorso della CO2 e del famoso effetto Serra è venuto alla ribalta già da qualche anno, ma in effetti il problema si sarebbe dovuto affrontare almeno 40 anni fa. Pensiamo allora a quanto effetto serra abbiamo prodotto, a quanta CO2 abbiamo disperso nell’aria bruciando liberamente in candela il gpl per tutti questi anni!
IBRIDE – Toyota ha creduto prima di altre nelle potenzialità dell’ibrido ed oggi quasi tutti stanno rincorrendo. Il motivo molto probabilmente è anche determinato anche dalla difficoltà di poter far rientrare nelle future normative EURO6 alcuni modelli o tipologie d’auto che diversamente rischierebbero l’estinzione. Tuttavia il successo per certi versi inaspettato della Prius lascia intravedere importanti possibilità di crescita e sviluppo.
Ritiene che questo tipo di tecnologia possa divenire una costante nella produzione del futuro o si ridurrà solo ad una soluzione ponte verso soluzioni totalmente elettriche?
Nazzarro: Per me si tratta di una soluzione ponte. La Toyota è stata di un’intelligenza davvero rara, ed ha avuto il coraggio ed i soldi per avventurarsi in un progetto che tanti avevano nel cassetto ma che nessuno aveva osato intraprendere. Il motore ibrido è più equilibrato e più logico: qualsiasi studente universitario di ingegneria motoristica già 20 anni fa era arrivato a capire che la soluzione migliore sarebbe stata rappresentata da un motore ibrido in grado di far intervenire dove occorreva o il motore endotermico o la parte elettica. Toyota è stata molto acuta ad investire in questo progetto, a differenza di altre case automobilistiche che non l’hanno fatto, sia perchè si aspettavano che si sarebbe andati verso soluzioni diverse dall’ibrido, sia perchè probabilmente non hanno avuto l’appoggio politico per poterlo fare.
Ulteriore merito di Toyota è stato quello di aver capito che il futuro dell’auto sarebbe andato sempre più nella direzione indicata dal provvedimento normativo californiano noto come “ZEV mandate”, il quale prevedeva che in California entro il 1998 almeno il 2% delle auto prodotte sarebbe dovuto essere a emissioni zero.
Il fatto che poi l’auto ibrida inquini davvero meno è da dimostrare: può darsi che il veicolo inquini realmente di meno in determinate circostanze, ma che in altre l’inquinamento sia addirittura di più. Diciamo comunque che la soluzione più elementare, già pronta dalla Toyota e dalla Volvo, sarebbe quella di un motore ibrido in cui il motore endotermico, agendo come un generatore di corrente, alimentasse le batterie: in questo modo si risolverebbe il problema delle emissioni nocive e dell’autonomia della macchina.
Immaginiamoci un mezzo imponente in cui il motore interno è da 500cc.: con questo sistema consumerebbe davvero poco ed avrebbe un bassissimo impatto ambientale grazie anche al fatto che si avvarrebbe di un regime ottimizzato. Infine sarebbe completamente risolto il problema dell’autonomia perchè l’energia di cui avrebbe bisogno per ricaricare le batterie sarebbe ricavata dal motore stesso.
Questa soluzione, perfetta dal punto di vista delle emissioni inquinanti, si scontra però con una serie di investimenti fatti dall’industria motoristica, da quella della distribuzione, dai petrolieri, ecc.. ed il suo affermarsi porterebbe a mettere in crisi degli equilibri industriali con ripercussioni importanti anche su scala mondiale. Quindi probabilmente questa tecnologia si potrà affermare solo nel momento in cui si verificherà un evento tale da stravolgere completamente gli equilibri di cui sopra, proponendosi come l’unica soluzione praticabile per superare la situazione di crisi venutasi a creare.
C’è addirittura chi insinua che l’aumento del prezzo del petrolio a cui abbiamo di recente assistito sia stato artificioso, creato ad arte per rendere evidente quanto siamo dipendenti dal petrolio, per stimolarci a cercare al più presto delle valide alternative. E’ quindi necessario che si affermi una diversa visione delle energie che muovono l’ambiente.
Quest’orientamento è sostenuto anche da un recente rapporto dell’UNEP, il Programma per l´ambiente dell´Onu, nel quale si considerano gravissimi e pericolosi i finanziamenti statali ai carburanti fossili perchè “drogando” il prezzo di mercato finiscono per rendere la collettività sempre più dipendente da loro, sottraendo tempo e risorse alla ricerca di energie alternative rinnovabili.
Nazzarro: In questo sono perfettamente d’accordo con quanto asserito da quello studio. Bisogna però mettersi anche nei panni di chi sta dall’altra parte della barricata, di chi potrebbe subire gli effetti devastanti dell’affermarsi di queste tecnologie. Anzi, probabilmente i ritardi nella loro diffusione sono dovuti anche alla consapevolezza del disastro che potrebbe provocare a livello sociale lo stravolgimento dell’equilibrio economico mondiale. L’unica strada perseguibile sarà quella di cercare di concilare la necessità della diffusione di energie rinnovabili e svincolate dal petrolio con la salvaguardia e la tutela degli interessi di tutti coloro che potrebbero subire delle gravi perdite in seguito al declino del petrolio stesso. Solo così si potrà avere un cambiamento davvero utile all’intera collettività mondiale.
BIOETANOLO – L’ONU l’ha definito “Un crimine contro l’umanità” mentre secondo un rapporto USA i biocarburanti incidono solo per il 3% sui rincari internazionali delle materie prime agricole. Per la FAO il bioetanolo “è causa di povertà” mentre per il presidente Lula è la leva per far uscire dalla povertà il Brasile. Lo sviluppo dei biocarburanti dovrà certamente essere gestito con cautela ma non crede che sia davvero fuori luogo attribuire tutte le colpe della crisi alimentare ai biocarburanti che alla fine sono solo in una fase assolutamente sperimentale? Chi ci guadagna da questa teatrale montatura mediatica?
Nazzarro: Sicuramente ci guadagnano i petrolieri, perchè ho l’impressione che di bioetanolo si sia iniziato a ragionare quando ancora i tempi non erano maturi per accoglierlo. Si è parlato di bioetanolo come di un qualche cosa che avrebbe potuto portare una rivoluzione energetica ed industriale in una fase in cui l’umanità non era ancora pronta a subirla. L’esempio del Brasile è particolare, dato che lì vengono impiegati per la produzione di bioetanolo dei materiali che sono per lo più di risulta, come la canna da zucchero, che se non usati per la produzione di carburante rimarrebbero inutilizzati o distrutti perchè ritenuti inutili.
Ritorniamo un po’ al discorso fatto per il gpl: piuttosto che bruciare la canna da zucchero, meglio impiegarla per produrre carburanti, ed anzi è stato stabilito che l’inquinamento che si genera impiegando la canna da zucchero per produrre carburanti è minore di quello che si avrebbe se la stessa canna da zucchero fosse bruciata.
Credo che sia stato fatto un errore molto grave nel momento il cui si è associata l’idea della produzione di bioetanolo allo sfruttamento di terreni impiegati per l’agricoltura o all’utilizzo dei cereali. Tempo fa partecipai ad una conferenza relativa al bioetanolo, ai suoi utilizzi e ad i suoi successi, in cui fu messo in secondo piano il fatto che per produrre il 10% del bioetanolo in grado di soddisfare il fabbisogno del parco circolante italiano si sarebbe dovuto coltivare un terreno grande quanto tutta la pianura padana, ipotesi assolutamente impraticabile.
Per quanto riguarda l’Italia credo però che sia mancata una sorta di lungimiranza: se avessimo impiegato le colture di barbabietole da zucchero per produrre bioetanolo invece che smantellarle, probabilmente oggi ci troveremmo nella stessa condizione in cui si trova il Brasile.
Condivido l’affermazione di chi oggi sostiene che il bioetanolo sia un crimine contro l’umanità, perchè ritengo che sia sbagliato mettere in produzione nuove terre, togliendole all’agricoltura, per destinarle alla produzione di un carburante. Se a tale scopo fossero impiegate delle terre incolte o inutilizzabili in ambito agricolo, sarebbe un conto, ma diversamente questa pratica non mi troverebbe d’accordo.
A parte gli Stati Uniti però nessuno sta utilizzando importanti aree destinati all’agricoltura per produrre bioetanolo. Senza contare poi che sono state condotte numerose ricerche su alcune piante che, se geneticamente modificate, potrebbero essere tranquillamente impiegate in alternativa ai cereali per la produzione di bioetanolo. Pensiamo ad esempio al Miscanthus, pianta che potrebbe essere correta geneticamente per crescere in terreni paludosi o sabbiosi, che potrebbe portare ad una produzione di bioetanolo 5 volte superiore rispetto a quello che si potrebbe ricavare dai cereali. Inutile negare che siamo ancora in una fase assolutamente sperimentale, e mi riesce difficile pensare che questo stato di cose possa incidere così tanto a livello mondiale, tanto da provocare un aumento delle materie prime agricole.
Nazzarro: Infatti, tutto il clamore suscitato dal bioetanolo è derivato da errori mediatici e dal fatto che se ne è incominciato a parlare quando ancora i tempi non erano maturi, tranne che negli Stati Uniti, dove si è diffuso soprattutto per ragioni di carattere politico. Credo comunque che il bioetanolo sarà uno dei più importanti eco carburanti del futuro, sia perchè lo si può produrre in loco senza bisogno di grandi spostamenti, sia perchè potrà contare su risorse che nulla andranno a togliere all’uomo, come le piante di cui si parlava in precedenza. Al momento non è stimabile la quota di mercato che in un futuro il bio etanolo potrà avere, ma non credo che diventerà un carburante di massa.
METANO – Mancando quasi totalmente una radicata cultura di rispetto dell’ambiente, in Italia la forte crescita del Metano per autotrazione è sostenuta dagli incentivi statali e dal notevole vantaggio economico garantito dall’abbattimento dei costi di gestione. Forti dei dati di crescita commerciale molte grandi case stanno iniziando a proporre veicoli di serie mentre sul fronte della distribuzione sembra di assistere ad un tentativo di frenata. La rete dei distributori cresce troppo lentamente rispetto alle previsioni (Federmetano aveva previsto 781 impianti entro il 2008 ed invece oggi possiamo contarne solo 631) mentre il prezzo del metano alla pompa è in un trend di crescita che sembra non avere fine, tant’è che lo stesso Garante per la sorveglianza dei prezzi (Mr. Prezzi) ha comunicato che indagherà sugli aumenti del metano per autotrazione.
Cosa sta accadendo al mercato del metano in Italia?
Nazzarro: Osserviamo la situazione attuale della distribuzione del metano per autotrazione in Italia: all’aumento del numero dei distributori non è seguito un corrispondente aumento del numero delle auto, e quindi il gestore della colonnina ci rimette rispetto a prima.
Attualmente la quantità generale di metano venduta è circa di 600.000.000 di tonnellate, nel 2000 erano 400.000.000, con un aumento di sole 200.000.000 di tonnellate. Se pensiamo che nel 2000 i distributori di metano erano 200 mentre oggi sono più di 600, e se dividiamo il numero delle stazioni per il carburante venduto ci accorgiamo di come la quantità di carburante erogata nel 2000 fosse quasi il doppio di quella erogata adesso.
L’errore probabilmente è stato costruire distributori di metano in zone in cui non ce n’era bisogno, come ad esempio a Parma: sono stati costruiti due distributori uno vicino all’altro, ed è successo che quello preesistente ha perso parte della clientela (e del suo profitto), che però è stata acquistata dall’altro. E’ vero che nell’ultimo periodo il numero delle auto a metano è cresciuto, ma non tanto da sopperire al mancato guadagno provocato dall’aumento dei distributori di metano.
Se ci fosse stata la volontà di sviluppare il mercato per autotrazione si sarebbero dovuti costruire distributori dove servivano (come ad esempio a Milano, Roma, Torino), ma questo non è stato fatto per mancanza di lungimiranza della politica attuata dalla classe dirigente a ciò preposta. Un tempo esistevano delle commissioni regionali energetiche che avevano la funzione di pianificare dove mettere le stazioni di rifornimento, tenendo conto di molti parametri come le distanze, i confini, ecc…
Successivamente si è fatto strada un eccesso di liberalismo che ha spazzato via queste regole, pensando che il mercato si sarebbe stabilizzato da solo e che in questo modo sarebbe stata garantita una maggiore concorrenza. E questo indubbiamente sta accadendo, mietendo però molte vittime: il piccolo metanaro che un tempo vendeva bene deve continuare a vendere perchè nessuno di fatto lo costringe a chiudere, ma per sopravvivere è costretto a tenere un prezzo più alto; d’altro canto chi ha capitali da investire preferisce impiegarli nella costruzione di stazioni multicarburante piuttosto che nella ristrutturazione di piccoli distributori di metano, perchè ci guadagna indubbiamente di più.
Tempo fa era stato proposto un provvedimento che imponeva sia che in una certa zona non ci fossero più di 9 distributori di metano e gpl, sia che l’apertura di nuove stazioni nella stessa zona fosse autorizzata solo se nel frattempo avesse chiuso uno di quei 9 impianti. Questo però avrebbe significato investire notevoli capitali per l’acquisto della licenza del distributore di metano, cosa che si scontra col fatto che in Italia le licenze sono state liberalizzate.
C’è poi anche da dire che per i proprietari di piccole reti le cose si stanno facendo più difficili perchè non hanno avuto il coraggio di unire le loro forze, e si sono crogiolati in una situazione che tutto sommato a loro andava bene. Se i piccoli si fossero uniti creando un loro network, un loro marchio, come è stato fatto da alcuni gestori di gpl, sicuramente ora avrebbero in mano più strumenti per poter combattere la concorrenza.