Il biocarburante del futuro è in un batterio
05/05/2008 - e2net
ROMA – Al mondo esistono già delle fabbriche economiche, ecologiche e con un’altissima resa, di biocarburanti, il problema è che sono troppo piccole. Gli scienziati di tutto il mondo stanno studiando i microrganismi in grado di trasformare la cellulosa, il più abbondante materiale organico al mondo, in etanolo per cercare di carpire i segreti della loro perfezione.
L’ultimo ad essere studiato è stato il Trichoderma reesei, il fungo ‘pacifista’ noto perché ghiotto di divise e tende militari, ma sono in corso studi sulla flora batterica delle termiti, su alcune alghe microscopiche, e c’é persino chi, come il genetista Craig Venter, sta cercando di crearne di totalmente sintetici in laboratorio. I biocarburanti ricavati dalla cellulosa del legno, delle erbacce, dei materiali organici in generale, sono molto vantaggiosi rispetto a quelli tradizionali: bruciare etanolo da cellulosa abbassa le emissioni rispetto alla benzina dell’87%, mentre quelli da cereali al massimo del 28%. Inoltre la cellulosa contiene 16 volte l’energia usata per produrla, mentre la benzina solo cinque e l’etanolo da mais 1,3. Il problema è trovare il modo di ‘rompere’ i legami di questa molecola per trasformarla in zuccheri più semplici, che fermentando danno l’etanolo.
Questo processo, che in natura è all’ordine del giorno, èancora difficoltoso e costoso per gli uomini. I ricercatori dei laboratori americani di Los Alamos e di altre istituzioni hanno studiato il genoma del fungo T.Reesei per cercare di capire quali sono le proteine utilizzate per digerire così efficacemente il materiale organico, come appunto il cotone delle divise:”Temevamo che data la sua reputazione di grande ‘digestore’, il fungo, avesse un sistema complicatissimo di enzimi – spiega Diego Martinez, principale autore dello studio pubblicato da Nature Biotechnology – invece ne usa solo alcuni estremamente efficienti”. L’obiettivo è adesso riuscire a replicare gli stessi enzimi anche su scala industriale, superando i problemi tecnici. Questi ultimi ritrovati si aggiungono a una serie di altre proteine in studio, sempre ispirate dalla natura.
La rivista Nature qualche mese fa ha pubblicato un altro studio, nel quale un team di ricercatori statunitensi con estrema pazienza ha estratto il ‘succo’ dello stomaco di una particolare specie di termiti, sempre per carpirne i segreti. Ne sono risultati circa 500 geni dei batteri associati con la degradazione del legno, dei quali si stanno cercando quelli più efficienti. Tutte queste informazioni potranno essere usate ad esempio per far crescere in laboratorio i batteri da usare poi negli impianti di produzione dei biocarburanti, ma c’é anche chi pensa ad applicazioni più vantaggiose: fra le varie applicazioni dei batteri sintetici che sta cercando di costruire il genetista americano Craig Venter ce n’é anche una in questo campo: prendendo il meglio da tutti i Dna in natura si potranno ottenere dei ‘superdigestori’ di cellulosa.
Fonte: www.ansa.it